NON SI SA MAI…
IL PIANO B DELLA SCALA B
di Cristina Battioni
la finestra aperta lascia entrare una sera di maggio nel soggiorno. E’ di nuovo un sabato qualunque, “un sabato italiano”; auto, pedoni e biciclette attraversano l’ isolato tra l’ aperitivo e le 22, il peggio sembra essere passato ed Il passato prossimo sembra già remoto, prescritto.https://youtube.com/watch?v=p1ooI9AyAzU&feature=share
La dimenticanza è la fortuna di molti, non la mia. Ho una memoria selettiva; resetta immediatamente l’ inutile o il non interessante ma trattiene morbosamente ogni crash, ogni istante di vertigine, ogni caduta. Ogni nuovo segmento trascina dati virali dal precedente.
Mi preparo una macedonia, solo fragole e banane, mi verso un bicchiere di vino bianco e accendo la Tv. Ombra sembra non interessato alla frutta, raccoglie una carezza e si posiziona sul divano fronte schermo. Essendo stato il cane di Seppia ha una naturale predisposizione per le sigle dei notiziari.
Mi sospendo nelle mia stanchezza vespertina con il sottofondo della sigla di “Otto e mezzo” sulla 7. Non ascolto, non ascolta mio padre perché il volume è troppo basso per le sue capacità uditive, utilizziamo la televisione come elettrodomestico da compagnia.
Ombra sembra l’ unico interessato, punta le quattro zampe, si tuffa con inaudita audacia e si avvicina allo schermo abbaiando festoso.

“Questo cane è pazzo, simpatico ma pazzo…”, commenta mio padre. Il cane pazzo mugola e scodinzola; alzo lo sguardo per osservarlo e nell’ elettrodomestico riconosco il primo piano di Seppia. Alzo il volume spropositatamente mentre mio padre ringrazia per avergli reso comprensibile il sonoro.
Il Prof dell’ Edicola Sospesa riemerge nel suo ambiente naturale, perfetto nel suo mezzobusto leggermente inclinato per bucare lo schermo e a catturare l’ attenzione. Indossa un completo di lino blu, i nuovi occhiali da vista con montatura azzurra addolciscono lo sguardo vigile.
” Ma io l’ ho già visto, ma sì dai, si vedeva spesso in televisione, come si chiama.. lo sai no come si chiama?”, mi domanda mio padre, come da copione.
“Aspetta papà, ci penso, poi mi verrà in mente…”, gli rispondo al solo scopo di zittirlo, inutilmente.
Ombra si placa ma lui no e continua a commentare, “Sarà uno che ha scritto un libro, ormai scrivono tutti solo libri, ma chi li leggerà poi tutti sti libri? Mah”.
Non ha tutti i torti.
Intanto mi avvicino anch’ io al televisore come se il Prof. potesse vedermi seduta in prima fila, nascondo lo stupore e l’ emozione ed ascolto la risposta alla domanda scontata dell’ anchorwoman protesa al limite estremo della sua gigantesca poltrona. “Cosa ha fatto in tutto questo tempo, è stato il lockdown a suggerirle il suo romanzo che, da quanto vedo, sta andando molto bene mi pare?”

Seppia la guarda, poi guarda noi, o almeno sembra, solleva leggermente un sopracciglio e sfodera il suo magistrale istinto teatrale per esprimere modestia e una vaga noncuranza, “Tutto questo tempo? Non saprei, non l’ ho contato, l’ ho lasciato passare. Il tempo è fluido, scorre da solo. No, nessun parto da lockdown, io ho il mio isolamento personale, il romanzo si è scritto da solo mentre io lo osservavo passare, il tempo, nei passanti.”
La sua risposta apparentemente contorta corrisponde alla verità ma ha un’ impostazione labirintica e cerebrale, con pretese intellettuali da non approfondire per rispettare i tempi televisivi. L’ intervista continua con una domanda concordata, “Non le è mancato il giornalismo, l’ essere in video?”.
A domanda preconfezionata si attende risposta scontata, ma per chi viene dalla Scala B lo “scontato” è terribilmente noioso. “No, per niente, mi è mancato il giornalismo di spessore, il professionismo, il poter dire qualcosa che valga la pena dire, la libertà di espressione. Ma non ve n’ era più traccia ed io non possedevo nessun tipo di sponsor politico o editoriale, per questo ho preso le distanze in tempi non sospetti. Nessuna malinconia, tutto un dejà-vu, semmai”.
“Comunque sono felice di riaverla qui, il suo romanzo ha vari piani temporali, strutture circolari e percorsi asimmetrici, una descrizione amara di quello che “non resta“, vale la pena leggerlo, nonostante il titolo provocatorio”; commenta la padrona di casa esibendo un sorriso riservato agli ospiti piacenti.
“Ecco, lo sapevo che aveva un libro pure questo…”, borbotta mio padre rivolto a me, “Sì papà, un libro non si nega a nessuno.”
Dallo schermo Seppia termina la sua ospitata decorandola con un’ ironia tagliente, “Poi, Un libro non si nega a nessuno è volutamente un titolo provocatorio, la carta da sola non nobilita niente.” e sorride ammiccando sapientemente. “Il titolo è solo il nome improprio di un testo concordato con l’ editore.”
Prima che mio padre mi richieda, per l’ ennesima volta, l’ identità ed il curriculum vitae dello scrittore, che secondo lui era un giornalista nato e noto in questa città, ritorno alla mia macedonia mentre Ombra, il cane che ho trovato chissà dove, si sistema sui piedi del suo nuovo padrone borbottante, trasformandosi da cane pazzo a adorabile piccoletto che, lui sì, “capisce tutto”.
Potrei spiegargli che non l’ ho trovato ma ereditato da quello che ha scritto un libro ma di cui non ricorda il nome. Torno prudenzialmente in modalità mute mentre lui si cimenta in uno zapping disorientante alla ricerca di una partita.
Mi ritiro in cucina ripetendo con accurato meccanicismo lo schema che mia nonna e mia madre mi hanno passato nelle molecole di Dna: riordino e pulisco. Severamente vietato lasciare la cucina in disordine…non si sa mai.
Quel “non si sa mai” contiene tutta la variabilità della nostra esistenza. Comunque la cucina è sempre stata tirata a specchio, nei giorni anonimi e nei giorni definitivi, senza che nessuno se ne accorgesse.
Sono già le 22, finisco di apparecchiare per la colazione del mattino e sposto la Gazzetta lasciata aperta sulla tavola. La chiudo per riporla nel contenitore della carta ma, ripensando all’ Edicola Sospesa, mi frena la spiacevole sensazione di mandarla io, in qualche modo, al macero.
Infilo gli occhiali per una sbirciata veloce alla prima pagina farcita con notizie sulla campagna vaccinale e sul campionato. Sulla colonna di sinistra un trafiletto anticipa un articolo interno: “Spento il rogo divampato nella notte a Piazza della Vittoria.”/p5. Una piccola foto amatoriale mostra il fumo salire dal tetto e dirigersi verso la Scala B.

Mentre dal soggiorno provengono ad alto volume le voci di una telecronaca, io comincio a sudare, apro la porta, ho bisogno di ossigeno prima di approfondire. Vado a pag. 5, nella foto interna il palazzo è perfettamente riconoscibile, annerito nei piani alti, circondato da pompieri, sembra il luogo di un bombardamento.
Il cronista riporta solo poche informazioni rassicuranti, ” I Vigili del fuoco hanno terminato l’ opera di spegnimento in serata. Pare che l’ incendio sia divampato nell’ ascensore all’ ora di cena e si sia propagato dal terzo verso i piani superiori. Evitata la tragedia, fortunatamente a quell’ ora tutti gli uffici erano deserti. La Procura conferma l’ assenza di vittime o feriti. La zona resterà inaccessibile per la messa in sicurezza e per le perizie di rito.”
C’è qualcosa di anomalo, Seppia doveva andarsene il 2 giugno ma evidentemente ha anticipato la promozione del suo romanzo, Ombra è stato ereditato felicemente da me…, finito il nostro segmento comune brucia il Palazzo, si purifica tutto il passato che, inconsapevolmente, tratteneva.
Non può essere casuale, improvviso una ricerca in rete. Digito: “incendio Piazza della Vittoria”, la serp di Google mi propone tre pezzi in evidenza, uno solo mi paralizza: “Danneggiati seriamente il terzo e quarto piano, uno studio di architettura e un noto studio notarile, benché non vi siano vittime, la famiglia denuncia l’ assenza del Notaio W.G. che sembra non aver fatto ritorno alla sua residenza venerdì sera.”
Stante, come può essere stato lui? No, no è impossibile, un evento con la “E ” maiuscola non rientra nella sua concezione di esistenza a cerchio minuziosamente rispettata nel tempo. Seppia sicuramente ne era informato ma sembrava tranquillo, certamente aveva la risposta, quella che non trovo.
Non riesco ad immaginare W. G. ,sotto shock, camminare a vuoto per le vie della città deserta. Sono passate 24 ore dall’ incendio, come può non aver ripetuto automaticamente il suo schema che lo riportava ad ogni ora nello stesso posto del giorno precedente. La sua memoria ,stanca di resistere, si è lasciata tentare dal possibile.

L’ incendio è l’ evento raro che Stante, che Walter, coltivava silenziosamente dal 1953, l’ imprevedibile che si era negato, la rottura della circonferenza che si stava stringendo attorno a lui. Il fuoco ha fuso il raggio del suo orologio, ha sciolto il tempo che lo schiavizzava, lo ha reso fluido. So che è vivo, forse come non mai. L’ incendio è solo fumo negli occhi altrui, un effetto speciale voluto dal regista. Questa volta ha deciso di essere sceneggiatore, regista e pubblico di se stesso ignorando le convenzioni, le compensazioni, i sensi di colpa acquisiti, le paure. Ha scelto di rischiare almeno l’ ultimo segmento del suo grafico, ricordandosi quello che è stato, perdonandosi di essere quello che è diventato, ritrovando quello che è, un sognatore prestato alla burocrazia e calpestato dalle responsabilità.

Dalla porta ancora aperta un alito di vento mi rinfresca la fronte, su una mattonella bianca si appoggia una piuma nera. L’ aria è libera va dove vuole, sa che nessun luogo è distante, le distanze sono solo nella mente. Le distanze non sono temporali o spaziali, solo mentali. Si è sempre altrove, anche quando gli altri non se ne accorgono.

Guardo il giardino, la talea della sua Eden Rose e’ verde, sembra ambientarsi, metterà radici nuove e fiorirà, non l’ ho usata come segnalibro ma come segmento verde di vita nuova. Ora so “cosa resta” dopo le età che ci hanno consumato, dopo i crocevia, le strade sbagliate, dopo aver pagato tutti i conti, anche quelli degli altri. Resta ciò che osiamo per essere solo ciò in cui ci riconosciamo, fuori tempo e controcorrente. Quello che resta è “Ora e qui“. Il tempo digitale non conta, fluisce da solo, il tempo personale no, può essere agito e diventare il piano B di un’ esistenza.
Sorrido pensando a migliaia di formiche in attesa del nulla osta per riprendere i loro automatismi mentre i sospesi, i solitari esistenziali, dopo aver pagato tutti i debiti e gli interessi passati, presenti e futuri, provano a rompere le file. Tutti consapevoli di perdersi qualcosa, qualcosa che non è più “roba loro” e può anche andare al macero, finalmente. Esiste sempre un Piano B da qualche parte, il segmento della libertà personale.

N.B. OGNI RIFERIMENTO A PERSONE, COSE O STATI D’ANIMO NON E’ PURAMENTE CASUALE.