Il bilocale sospeso della Scala B mi trova mentre cerco il Notaio al terzo piano della Scala A in un anonimo palazzo moderno in Piazza Della Vittoria 1.
Decine di targhe, centinaia di campanelli, un puzzle ordinato di esistenze precise pensai, mentre mi innervosivo nella ricerca del pulsante giusto.
Eccolo! Trovato, affondo il dito e fulmineamente una voce mi chiede la password (banalmente il mio cognome) ed un “buzzzz..” poco accogliente mi apre il portone; accedo. Davanti a me l’ ennesimo labirinto di un androne senza portierato con un bel crocevia centrale e due targhe minimali: Scala A freccia a destra, Scala C freccia a sinistra.
Normalmente avrei inserito automaticamente il pilota automatico ed avrei svoltato rapidamente a destra alla ricerca di un ascensore per ascendere rapidamente allo Studio notarile. In orario perfetto, sempre, come da copione. E invece no…
Non posso, il crocevia mi paralizza per un istante, mi disorienta e mi ricorda il senso di nausea della vertigine. Mi proteggo nella mia bolla e, nell’ assenza di rumori o esseri in transito , scivolo avanti verso un corridoio che sembra una strada chiusa.
Come tutti i fumatori ed ex fumatori sono inconsciamente attratta dalle uscite secondarie, dai cortili nascosti nei labirinti degli edifici complicati.
In effetti il corridoio centrale non sembra, è una strada chiusa da un muro interrotto solo da una simil porta di emergenza, non allarmata, non segnalata ma verosimilmente affacciata su uno spazio esterno.
La spingo senza nessuna ragione o forse perché dopo sono sempre desaturata e ho bisogno di respirare dopo un bivio. Inaspettatamente, leggera come una membrana, la porta tagliafuoco in incognito si lascia attraversare introducendomi in un ascensore di vetro incapsulato tra tre muri ed un pannello di vetro rivolto all’ esterno. Dal vetro pulito si vedono i tetti, i palazzi, le strade , le auto in fila e oltre gli alberi, la periferia nella rassicurante luce del primo pomeriggio.
Sono una bolla dentro una bolla di vetro e acciaio che sale senza darmi il tempo di coordinare le mie azioni razionali, di reagire e schiacciare un qualsiasi pulsante per fermarmi ad un piano ed invertire il percorso.
L’ ascensore si ferma per volontà propria al quinto piano; mi preparo ad agire velocemente appena chiuse le porte per tornare giù e recuperare il ritardo accumulato tra quella variante ed il Notaio. Il mio pilota automatico non si è riattivato ed io rimango immobile , sospesa nell’ accorgermi di non essere sbarcata ad un piano ma all’ interno di un piccolo appartamento dai toni chiari, un cubo color carta da zucchero invaso da una luce e da un pulviscolo stranamente famigliari.
Faccio un passo in avanti ed allungo il collo solo per osservare meglio la straordinaria somiglianza di un quadro enorme che occupa quasi l’ intera parete alla mia destra.
Ma è il quadro delle “Peonie”! Ma è il “mio ” quadro delle Peonie, ma come è possibile?! E in fondo alla stanza c’ è la credenza in noce di mia madre con i suoi cassetti segreti e sotto di me, sotto il mio piede il tappeto persiano usurato e consumato dal tempo e dai cani e gatti che lo hanno vissuto e che mi sono sempre rifiutata di buttare!
C’ è la roba “Mia” qui dentro, risanata, ripulita dal tempo e dalla noncuranza.
IL centro del piccolo locale quadrato è quasi soffocato dal divano opulente e troppo grande, concepito da un’ illusione di ricchezza provinciale degli anni 80, ricoperto da cuscini con le bordure a nastro perfettamente ricucite. Cammino in punta di piedi e sfioro con le dita le cornici annerite in disaccordo con le foto ripulite dalla patina giallastra che custodiscono. Sento il profumo di rose e mele cotogne cotte al forno, mi sento bene, sospesa e inebetita, mi sento in un ritrovato senso di equilibrio al quinto piano di una Scala B non pervenuta, mi sento a casa , la “mia”.
Cristina Battioni